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  • Miyar Valley – Via fiamme Gialle

    lunedì, 18.08.2008

    Dopo qualche giorno di acclimatamento speso al campo base, io e Mox decidiamo di partire per un tour esplorativo nella Jangpar Valley, visto che non abbiamo nessuna informazione e non sappiamo cosa aspettarci decidiamo di fare un primo giro esplorativo per scattare qualche foto, valutare gli avvicinamenti, e poi una volta ritornati al campo base prepararci alla salita vera e propria. Dopo aver risalito buona parte della Miyar valley, quello che si presenta davanti ai nostri occhi è davvero un panorama mozzafiato, una valle veramente grande che si divide in due rami con pareti e montagne che aspettano solo di essere salite. Purtroppo la morena che dobbiamo superare è infinita, e dopo otto ore di cammino, decidiamo di lasciare il materiale che ci siamo portati sotto un sasso, per tornare al campo base con un buon materiale fotografico per decidere quale montagna affrontare.

    Purtroppo la nostra prima scelta è caduta sull’unica montagna che era già stata salita quindi ci siamo concentrati su un bellissimo pilastro situauto al centro della valle nel punto dove si divide. Il tempo però non è della nostra, e dobbiamo rassegnarci a passare le giornate cazzeggiando attorno al campo base, con l’unica possibilità di andare a fare qualche blocco tra uno scroscio di pioggia e l’altro. Martedì nove finalmente il barometro segna bel tempo, con Mox dopo esserci caricati 35Kg a testa sulle spalle, partiamo per lo Jangpar, con tutto il materiale e cibo per circa una settimana, dopo otto ore di cammino siamo di nuovo sull’infinita morena, e per ricompensa della fatica fatta non troviamo il materiale lasciato qua una settimana prima, all’inizio siamo ottimisti, pensando di essere troppo stanchi per orientarci su quell’infinità di sassi, con la notte in arrivo decidiamo di bivaccare sicuri che l’indomani recupereremo il resto del materiale. Dopo una fredda notte partiamo alla ricerca del materiale, gira e rigira, ma il risultato è sempre lo stesso “nothing”, troviamo invece una grossa frana, e anche se ci sembra impossibile dobbiamo rassegnarci a credere che il nostro materiale è sepolto li da qualche parte. Orecchie basse e morale sotto i piedi, ci fanno girare i tacchi e tornare al cb a prendere il materiale che ci manca. Arriviamo al cb per cena, con la certezza che il giorno dopo lo avremmo dedicato al riposo, ritrovare la motivazione e caricare le batterie. Venerdì mattina siamo di nuovo in pista, arriviamo al secondo deposito, proseguiamo sulla morena e verso fera finalmente mettiamo piede sullo Jangpar Glacier, cerchiamo un posto sicuro e abbastanza asciutto per montare la tenda che servirà da campo base avanzato. Dopo una bella dormita passiamo la giornata di sabato a trasportare il materiale dal deposito alla nostra nuova dimora. La sera dopo un ottima cena a base di polenta e travel lunch decidiamo di ridimensionare il nostro progetto, abbiamo già perso quattro giorni, il barometro comincia a scendere, e noi siamo praticamente costretti a cercare una linea più abbordabile che possa essere salita in giornata. La futura “Cima Fiamme Gialle” è li che ci guarda, è la prima parete che abbiamo davanti ai nostri occhi, e prima che il sole tramonti definitivamente la studiamo per bene col binocolo, individuando la probabile linea di salita.

    Alle quattro del mattino siamo nuovamente in pista, dopo un paio d’ore di cammino attacchiamo il pilastro con i primi raggi di sole, a parte il primo tiro su roccia di dubbia qualità, il resto della salita avviene su un granito da favola, con grossi “Knob” vicino alle fessure che rendono l’arrampicata facile ed estremamente piacevole. A parte un sasso che ci rovina una corda proseguiamo fino in cima senza particolari intoppi, giungendo finalmente in vetta verso le cinque del pomeriggio del 14 Settembre. Dopo le solite foto e festeggiamenti di rito iniziamo la discesa cercando di essere abbastanza veloci, visto che all’orizzonte delle grosse nubi avanzano ad una velocità pazzesca. Prima di arrivare alla cengia che si trova più o meno a tre quarti di parete, come da protocollo della montagna ci troviamo in mezzo ad una bufera di neve, con visibilità prossima allo zero e vento “patagonico”. Sbagliamo una doppia, non ci sentiamo dal troppo vento e nel giro di dieci minuti siamo nella merda..

    Proviamo ad allestire un bivacco, ma dopo un oretta capiamo che è meglio scendere piuttosto che aspettare la mattina, abbiamo poco materiale e ci arrangiamo come meglio possiamo, intanto per fortuna il tempo comincia a migliorare facendoci intravedere dove siamo andati a finire, così capiamo che siamo scesi troppo a destra rispetto alla linea di salita. Col materiale quasi finito continuiamo a scendere, per qualche tiro calo Mox col pesante saccone, lui passa qualche protezione e io scendo poi arrampicando. Alle sette del mattino dopo ventisette ore continue di arrampicata siamo nuovamente nel sacco a pelo, beviamo un litro di caffè e latte solubile a testa e ci addormentiamo distrutti. La giornata di sabato la passiamo a sistemare il materiale e facendo un’altra passeggiata all’attacco della via per recuperare uno zaino che avevamo lasciato all’attacco. Domenica con calma prepariamo i sacconi e cominciamo il lungo rientro verso il cb, con la fortuna che Bruno e un paio di portatori ci sono venuti incontro per darci una mano col materiale e allegerire i nostri sempre pesanti sacconi. Al campo base dopo un paio di giorni di relax comincia nuovamente a nevicare, così dopo un mesto tentativo di trasportare del materiale verso un pilastro a sud del Mahindra, decidiamo di impacchettare tutto e chiudere le trasmissioni con la Miyar Valley. Per concludere io e Mox volevamo ringraziare la Guardia di Finanza per averci dato la possibilità di fare la cosa che più ci piace in un posto remoto come la Miyar Valley..arrampicare.