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  • Coppa Italia Boulder

    lunedì, 21.03.2011

    Dopo tre anni di assenza torno a tracciare una tappa della Coppa Italia di boulder, l’ultima volta era stato a Gandino, con Enrico Baistrocchi, e per ricominciare vado a Milano alla Way-out, dove lavora per l’appunto Enrico. Insieme si aggrega una tirocinante d’eccezione, Jenny Lavarda che per l’appunto deve tracciare una gara come aiutante per aver finalmente il brevetto di tracciatore di primo livello, la prima donna in Italia.

    Tracciare una competizione è un lavoro estremamente creativo, bisogna immaginare come un artista una linea di salita su un muro completamente liscio e privo di appigli, decide il tuo umore di quella giornata cosa montare, uno svaso, una tacca o un buco, solo la tua fantasia e la tua creatività.

    Come un artista ci sono giornate dove tutto viene facile e altre dove tutto va storto, qui alla Wayout siamo stati fortunati, tutto è andato per il verso giusto e venerdì nel primo pomeriggio avevamo praticamente finito il duro lavoro e ci siamo concentrati sulle ultime piccole regolazioni.

    Tralasciando i risultati che avrete sicuramente già letto sul sito ufficiale della FASI vorrei soffermarmi su due particolari che mi hanno colpito. Il primo è il completo ricambio generazionale che c’è stato, a parte Gabriele e qualcun altro non conoscevo nessuno di questi giovani scalatori, questo sicuramente è un buon segno, vuol dire che nel boulder si è riusciti a attirare molti giovani verso le competizioni. Il secondo particolare che mi ha colpito invece non è stato un bel segnale, adesso cerco di spiegarmi meglio; la maggior parte di questi giovani da quello che ho potuto vedere hanno un livello di preparazione fisica abbastanza elevato, insomma la maggior parte di essi “stringe” come si suol dire, il problema è che la loro tattica e visione della competizione è abbastanza un disastro. E’ impossibile pensare che un finalista in coppa italia, quindi probabile nazionale in futuro non sia capace di fare un attenta visualizzazione dell’insieme del passaggio, appoggi non visti, prese che si possono usare in più modi devono essere errori assolutamente da evitare, ma che purtroppo da quello osservato è stato uno degli errori più comuni. Un altro errore a mio avviso è che bisogna abituare l’atleta a pensare a più metodi per risolvere un passaggio, inutile continuare a provare nello stesso modo se oramai si è capito che così non vado da nessuna parte, è opportuno cercare di studiare qualche sistema alternativo, per non buttare tentativi a vuoto, ma sopratutto per non perdere energie che magari possono essere convogliate nel blocco successivo. Spero che questi errori siano più che altro dovuti al fatto che questa era la prima prova di coppa e molti atleti dovessero togliersi un po’ da dosso la ruggine dell’inverno passato ad allenarsi, un consiglio che però mi sento di dare a loro e ai tecnici è quello di lavorare molto di più sulla tattica, sopratutto in vista dei mondiali che si terranno a Arco nel prossimo luglio.